
Il 26 Maggio non si voterà soltanto per eleggere i 76 membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, il 26 Maggio si si voterà per l’esistenza stessa dell’Europa, quella vera, quella sognata e poi vissuta, che le prossime generazioni meritano di sognare e di vivere a loro volta. Attenzione, non si tratta di mitizzare ma di conoscere, di comprendere che l’Europa non è un’astrazione con cui si dilettano spietati poteri o una matrigna burocrate che si diverte a vessare singoli Stati, di per sé autonomi e promettenti. L’Europa è una necessità nel processo di trasformazione globale delle economie e delle società, una frontiera di diritti in evoluzione incessante, una disciplina di scambi commerciali e culturali indispensabili alla crescita interna di ogni singolo Paese, unico contraltare possibile nella nuova dialettica tra Oriente e Occidente, tra un’America prepotente e autoreferenziale e una Cina sempre più veloce e invasiva. L’Europa è sponda dinanzi al Sud del mondo, che dopo essere stato a più riprese e da più parti inutilmente sfruttato, violentato e strumentalizzato, chiede ora riconoscimento e salvezza: solo l’Europa, non l’Italia o la Francia o la Spagna da sole, può gestire, filtrare e condividere un fenomeno migratorio irreversibile, che non verrà fermato immolando il tal barcone o nave nel Mediterraneo, eretto a capro espiatorio contingente di tutti i mali, collettivi o personali, generazionali o quotidiani che siano.
A proposito di quotidiano, la consapevolezza che ancora oggi manca a qualsiasi nostro vicino di casa è che Bruxelles o Strasburgo sono parte di noi, nel senso che l’attività parlamentare europea che in esse si svolge produce i suoi effetti diretti nel nostro quartiere, Circoscrizione, Città o Regione. Significa che ogni ente locale si rapporta all’Europa, dialoga con essa e ottiene benefici, fondi, risorse per riqualificare aree dismesse o degradate, strade, parchi ed edifici, per promuovere progetti culturali, educativi, artistici, ambientali.
E a proposito di Ambiente, l’Europa è tra i principali strumenti di diritto e di impresa, che l’Italia continua a violare grossolanamente, in termini di riduzione delle emissioni inquinanti, riciclo dei rifiuti, attuazione di un’economia circolare. Quando diciamo che abbiamo dieci anni per salvare il pianeta, e dunque noi stessi, non è uno slogan, è un’urgenza, che un mare di giovanissimi hanno già colto e che noi adulti abbiamo il dovere di gestire, a livello nazionale e internazionale solo
con l’Europa e dentro l’Europa.
E se la meta affinché si realizzi la piena condivisione e concreta protezione sono gli Stati Uniti d’Europa, la strada che conduce ad essa, corta o lunghissima che sia, vale la pena di essere percorsa per due antichi filosofici motivi: indietro non si torna e tutto cambia. Da soli imploderemmo, verremmo travolti da quei venti di trasformazione. Si dice da più parti che l’Europa deve cambiare, ma l’Europa cambia già, inevitabilmente, giorno dopo giorno, nel flusso della storia e una cosa è certa, fino ad oggi ci ha sempre indicato la via dell’equilibrio, del migliore adeguamento agli eventi. Siamo noi italiani adesso a doverci ricordare del nostro passato o a studiarlo per la prima volta, a riconoscere gli errori e le imprudenze, a combattere delinquenza, corruzione e, più ancora, passività, inerzia e silenzio connivente.
Abbiamo un mese per riflettere ed esercitare un diritto che è molto più di un voto, è una decisione profonda, che dovrà comunque essere portata avanti dopo, “quando il tumulto sarà finito”, nel sollievo di essere dalla parte di giusta.
ELISABETTA MALAGOLI

Devi effettuare l'accesso per postare un commento.